domenica 28 gennaio 2018

Confessioni di un cuor di coniglio

Il mio rapporto con il giorno della memoria è diventato, di anno in anno, sempre più complicato, per motivi che non hanno nulla di ideologico. Per farla breve, potrei dire che ultimamente vivo una lotta intestina tra la mia razionalità, idealista e combattente che veste alla marinara, e il cuore che, negli anni, si è un po' usurato e, consumando il suo esoscheletro di adamantio, mi ha resa morbida come un panetto di burro e impressionabile come un pincher davanti ad un paio di piedi.
Infatti, come credo (spero) tutti, riconosco al Giorno della Memoria l'inestimabile valore storico e la funzione di ammonimento morale per le vecchie e nuove generazioni (perché, si sa, l'essere umano ha la memoria sorprendentemente corta), e seppur talvolta mi ritrovi ad essere critica nei confronti di una certa mancanza di completezza nei discorsi riguardanti quello che comunemente chiamiamo Olocausto (ma che, come sappiamo, non interessò solo gli ebrei - a riguardo vi invito a leggere la bella recensione letteraria di Tanto non Importa), di fatto sono da sempre una fervente sostenitrice di questo evento di ricordo collettivo, soprattutto adesso che, con il passare degli anni, sta perdendo la sua incandescenza e sta diventando sempre meno autobiografico e sempre più asetticamente didattico. D'altro canto però, ne sono spaventata a morte, diciamoci la verità, e il mio cuore egoista, il cui unico obiettivo degli ultimi anni sembra essere diventato quello di soffrire solo in caso di estrema necessità, mi fa notare che sono già sufficientemente sensibilizzata sull'argomento da potermi dare assente giustificata perché "troppo soffice" e che, in fondo, a volte l'ignoranza è una benedizione, soprattutto se non puoi cambiare le cose. Insomma, Cartesio mi avrebbe eretto una statua. Tra l'altro, tutto ciò potrebbe suonare strano detto da me, che ho sempre sostenuto che l'unico modo per incidere davvero il messaggio sulle ossa delle nuove generazioni, fosse quello di puntare tutto sull'emozione. Temo che il problema sia solo che sto invecchiando e il mio cuoricino spugnoso non regge più le forti emozioni che poi mi inseguiranno per settimane come fantasmi dei Natali passati. In ogni caso, qualunque sia la ragione, il giorno della Memoria mi mette di fronte al dilemma Shakespeariano per eccellenza: partecipare o non partecipare? Lasciarlo scorrere via, in nome di una già solida base di conoscenze in materia, tra cui si annoverano decine di film (compresi Schindler's List e La Vita è bella) e la visita ad un piccolo campo di concentramento in epoca adolescenziale, oppure stringere i denti, aprire gli occhi e beccarmi questa annuale mazza da baseball sulle reni, in nome di tutti coloro che, questa scelta, non l'hanno mai avuta? Io credo che questo sia un dilemma di non poco conto, che affligge molti di noi, ma di cui pochi parlano per timore di sembrare insensibili, egoisti o superficiali come lo strato di sapone che forma la bolla sulla nostra saponetta bagnata. Da una parte, quindi, il cuore, che mi dice di evitare ogni contatto visivo, uditivo o aurico con qualsivoglia argomento in merito alla "fonte di ogni dolore", dall'altro la ratio, come la chiamerebbero i latini, che, di fronte al mio quasi cedimento alle ragioni del cuore, manda in avanti la cavalleria con il suo Nazgul più efficace: il SENSO DI COLPA.
giorno della memoria
E quello, signori, non lo batte nessuno. Il senso di colpa di solito decreta la parola "fine" ad ogni mia possibile resistenza o deriva egoistica, in nome di un bene superiore, un obbligo morale ed umano verso tutti coloro a cui gli occhi li hanno aperti a suon di botte, un debito nei confronti di tutte quelle persone a cui l'orrore si è incollato nella parte interna delle palpebre, a tenerli svegli la notte, a cui l'urlo muto ha ispessito le corde vocali e il dolore ha disegnato carnose cicatrici bianche sul cuore, che tirano ad ogni colpo di riso. In fondo, mi dico, verso queste persone ho un doppio dovere, perché la mia unica fortuna è quella anagrafica. Mi posso permettere di essere idealista, netta nelle convinzioni, di decretare cosa è giusto e cosa è sbagliato, di condannare, questa volta davvero con superficialità, in modo implacabile, beandomi nella facile convinzione che la paura non avrebbe mai schiacciato i miei ideali morali, come ha fatto con quelli di tante persone (ma non tutte) costrette a chinare il capo, ad ignorare, a fingere. Io, che ogni anno mi chiedo se sfuggire al giorno della Memoria oppure no. Mi posso permettere questa libertà intellettuale, questa immacolatezza della coscienza, solo perché sono stata graziata dall'appartenere a due generazioni successive e a non essermi mai trovata davvero di fronte ad una scelta che, di morale, temo, non aveva quasi nulla. Inoltre, con il mio bagaglio culturale, le mie inclinazioni politiche, le mie idee, i miei interessi letterari, probabilmente sarei finita in mezzo a tutte quelle persone stipate in vecchi e freddi vagoni in una notte d'inverno. O forse, avrei rinnegato tutto in nome della sopravvivenza e mi sarei ritrovata anche io a bruciare il Manifesto Marxista, le poesie di Neruda e di Wislawa Szymborska, a fare a pezzi un ancora non nato 1984. Dalla storia della mia famiglia, che ha vissuto altre dittature ma altrettanto sconvolgenti, ho imparato che non si deve mai dare per scontato di essere immuni al marchio, all'indice inquisitore puntato addosso, al numero tatuato sul braccio. Dalla storia della mia famiglia, ho imparato che il passato può tornare, con un nome diverso, ma con la stessa ferocia. Per questo motivo, anche se sono stata fortunata, anche se la mia vita non ha conosciuto la vera paura né lo strazio e la vergogna di scoprirsi a tradire se stessi, resta il debito nei confronti di chi non è stato altrettanto fortunato, geograficamente e anagraficamente, un debito che ho il dovere di raccogliere, anche se, e questo continuerò a dirlo (per dovere di onestà), la proposta mi risulterà sempre allettante quanto quella di provare l'ebrezza di un tirapollici medievale.
Cuor di coniglio, forse, ma pur sempre cuore
Duille 

giornata della memoria


2 commenti:

  1. "D'altro canto però, ne sono spaventata a morte, diciamoci la verità, e il mio cuore egoista, il cui unico obiettivo degli ultimi anni sembra essere diventato quello di soffrire solo in caso di estrema necessità, mi fa notare che sono già sufficientemente sensibilizzata sull'argomento da potermi dare assente giustificata perché "troppo soffice" e che, in fondo, a volte l'ignoranza è una benedizione, soprattutto se non puoi cambiare le cose."

    Praticamente hai descritto benissimo anche come mi sento io. Da bambina delle volte mi capitava di guardare film sull'Olocausto e poi di andare a dormire con quella paura "e se capitasse di nuovo?", "e se ci fossi stata io al loro posto?". Ad un certo punto ho smesso di vedere film di questo tipo perché mi facevano soffrire troppo e perché, detto in parole povere, avevo afferrato il messaggio. Alla fine non è che se non ne parliamo non ci importa, eh. Di recente poi - dopo aver letto l'articolo sul padre di Piero Angela - mi sono chiesta come si sarei comportata io al suo posto. E' facile dare per scontato che avremmo aiutato degli ebrei, ma la verità è che è difficile dirsi, con tutto l'orrore e la paura in quel periodo. Forse lo avremmo fatto comunque, perché, almeno per quanto mi riguarda, il senso di colpa mi avrebbe uccisa!

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    1. Ciao Giusy, ti capisco benissimo! Anche io mi faccio spesso questa domanda. Se mi fossi trovata nella situazione di quelle persone, sarei riuscita a fare la cosa giusta, per quanto rischiosa e tremendamente pericolosa per la vita? Sinceramente non so rispondere a questa domanda. Una parte di me, come te, pensa che il senso di colpa sarebbe stato tale che mi avrebbe spinta a prendere una posizione netta, ma d'altro canto, in situazioni di rischio come quelle che hanno vissuto le persone durante quel periodo, non so se, alla fine, non avrebbe prevalso l'istinto di sopravvivenza. Quindi chissà. Spero di non trovarmi mai a dover uscire dall'ipotetico e di non dover affrontare mai questo dilemma terribile. Nel frattempo, cerco di sensibilizzarmi senza traumatizzarmi perché, come dici giustamente tu, il messaggio è arrivato forte e chiaro già da tempo. Grazie per essere passata a dire la tua, mi ha fatto un piacere immenso! :)

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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