domenica 20 agosto 2017

(My) Klimt Experience

All'incirca una volta ogni ciclo solare mi concedo una mostra al museo. Il motivo di questa rarefazione museale è scontato quanto una foto di sushi su Instagram: costante scarsità di denaro. Ciò nonostante, quando il desiderio culturale chiama prepotentemente, rompo il porcellino e mi concedo un momento di alta cultura da poter sbattere in faccia ai conoscenti, per darmi un tono. Quest'anno inoltre avevo il vantaggio di avere in dotazione la carta dei musei, che schiudeva le porte di ogni mostra.
In questi giorni il mio cuoricino batteva per Klimt, una mostra che prometteva ben più dei soliti quattro quadri da guardare con le dita abbracciate al mento e lo sguardo tatticamente socchiuso per sembrare un vero intenditore. Il Mudec (il museo che ospitava la mostra) prometteva un'esperienza multimediale, immersiva e totale nell'opera, una cosa che avrebbe dovuto far scoppiare gli occhi dall'emozione ed immergere in tanto di quell'oro da farci sentire Charlize Theron nella pubblicità di Dior (J'Adoooore!). Quindi il mio cuore innamorato ha trascinato me e la mia famiglia fino al Mudec, pronta ad assistere al più grande spettacolo dopo il Big Bang. Arrivata al bancone con il mio cuoricino in una mano e la tessera dei musei nell'altra, ecco arrivare la prima, profetica delusione: la tessera non mi permetteva di entrare gratis alle mostre temporanee. Buffo, se si considera che il Mudec vive di mostre temporanee e che l'unica mostra permanente è una microscopica collezione di oggetti provenienti dai quattro angoli del globo di cui neanche le targhette esplicative sanno molto. Praticamente, ti fanno spallucce quando le consulti. Ingoiando il tedio che mi aveva già iniziato a far ballare l'occhio dal nervoso, mi sono ritrovata a guardare la frase della commessa galleggiare davanti agli occhi ("Sono 12 euro, prego") e a questionarmi sul solito dilemma shakespeariano in salsa poraccia: to spend or not to spend? That's the question. Ma il cuoricino palpitava e la parola "Experience" sul tabellone di presentazione della mostra sfarfallava ammiccante, promettendomi il Valhalla sulla terra. Abbiamo deciso quindi di mandare alle ortiche il nostro lato risparmiatore e di sperperare i nostri averi al grido simultaneo di "Si vive una volta sola" e "lo facciamo per l'arte" (che, visto da fuori, sarà sembrato un mezzo pollaio, ma tant'è).
Mentre il mio portafogli piangeva la prematura dipartita dei miei soldi, il cuoricino mi faceva macinare gli scalini che mi dividevano dall'agognata (e ormai costosetta) mostra. Leggero come un colibrì, il cuore svolazzava lungo i pannelli introduttivi disposti a separé che però mostravano una chiara confusione esistenziale, dato che immagini e testi erano disposti in modo da costringerci ad un continuo balletto ondulatorio per accedere a tutte le informazioni. La profezia numero 2 ci aveva resi tutti simili a pendoli di un orologio ottocentesco. Uno spettacolo nello spettacolo. La profezia numero 3 ci stava aspettando all'ingresso della mostra, nella forma della maschera che staccava i biglietti. Questa, come una Pizia ultramoderna, ci ha detto cripticamente di non sostare nell'ingresso ma di "andare verso il centro". Il centro di cosa? Della Terra? Il centro della nostra anima? Il centro dell'universo? L'ombelico del mondo? Il nostro sguardo da turista davanti ad un cartello scritto in cirillico la diceva lunga sul nostro stato confusionale. Abbiamo proceduto oltre, ed ecco la profezia numero 4: un corridoio in cui si era costretti ad ammassarsi per leggere i dettagli (in ordine cronologico, quindi non saltabili) della vita dell'autore. Inizio a chiedermi chi abbia curato questa mostra: forse i Teletubbies o qualcuno laureato in approssimatologia. Finalmente siamo arrivate alla grande tenda di velluto che ci separava dall'"Esperienza". Entrando, abbiamo troviamo una stanza rettangolare. A terra c'erano una trentina di persone che osservavano le immagini. Sembrava che qualcuno avesse sbriciolato persone mentre mangiava un biscotto di umani. Sulle pareti (ma badate bene, non sul soffitto e pavimento) erano proiettate immagini delle principali opere di Klimt alternate ad animazioni di gusto discutibile e misteriose piante di edifici, che suppongo appartenessero all'epoca secessionista. Spoiler: non lo sapremo mai, perché questa mostra non aveva neanche una spiegazione, neanche una didascalia, neanche una sillaba caduta per sbaglio sullo schermo per un incidente con la tastiera. Niente. di. Niente. L'aspetto didattico era già andato nel cesso e non ero neanche entrata! Ottimo!
L'assenza di parole era compensata da una costante presenza di brani di musica classica messi a caso ad accompagnamento delle immagini. E parliamone, di queste immagini: le proiezioni erano tutto fuorché immersive e non solo perché i curatori avevano dimenticato che una stanza è un poliedro con 6 (6!) lati, ma anche perché i pannelli non mandavano un'immagine unitaria del dipinto, ma una ripetizione dello stesso su ogni parete: su ogni muro erano proiettate due volte le immagini, creando un effetto più da stanza degli specchi che da acquario ed un mal di testa cronico da iperstimolazione visiva. Primo colpo del mio cuoricino. Seconda cosa, forse la più imbarazzante: le ANIMAZIONI. Una ode al trash che sembrava uscito direttamente dalla mente di Kesha. Ritagli di immagini femminili tratte dalle opere klimtiane che ondeggiavano fingendo di nuotare in mari di pesci (anch'essi dettagli ritagliati dei quadri), riproduzioni digitali di palazzi d'epoca lucide come solo il peggior digitale sa essere che scendevano come marionette da un palchetto ottocentesco, tende di velluto rosso che, più che omaggiare Klimt, catapultavano in una puntata di Twin Peaks, e, chicca delle chicche, fiamme digitali, anche loro in serie, che arrivavano direttamente dai primi anni 2000 e accompagnate dai Carmina Burana (bye bye Klimt, welcome Inquisizione spagnola!). E poi, altra ciliegina sulla torta: gli ingrandimenti a scorrimento dei quadri. Se consideriamo che l'80% dei lavori di Klimt sono nudi artistici, potete immaginare cosa possa significare farne degli ingrandimenti a scorrimento verticale su un maxischermo. Praticamente, il sogno di ogni adolescente maschio degli anni '70! Ci siamo ritrovati ad "ammirare" per interi secondi gigantografie di pubi rossicci, sederi di ragguardevoli proporzioni e seni grandi come lampadari di cristallo.
La raffinatezza klimtiana trasformata in una versione su tela di Playboy! In sostanza, quello che abbiamo potuto apprezzare è stata una presentazione in Power Point un po' osé per analfabeti. Avrei dovuto intuire che sarebbe andata a finire così dalla profezia numero 5: un bambino che, all'ingresso, si rifiutava di entrare dicendo "io ho 8 anni, mica 18". Quanto aveva ragione! Nemmeno io ero preparata a tanto! Ad un certo punto, annoiate da questo tripudio di ingrandimenti, musica e tendaggi da quattro soldi, abbiamo deciso di passare alla stanza successiva. Io volevo nuotare nell'albero della vita, volevo camminare vicino al fregio di Beethoven, volevo immergermi negli ori. E invece, mi sono immersa nell'uscita. Esatto. L'intera mostra era composta da quella esposizione multimediale che poteva funzionare forse solo all'esame di maturità di qualche studente di un istituto tecnico. Ho capito in quel momento perché la gente continuava a ritornare nello stanzone principale, con una faccia leggermente alterata. Erano rimbalzati da un campo di forza fatto di delusione, disappunto, imbarazzo e la vaga sensazione di essere stati truffati. I rimbalzati si riconoscevano subito: faccia tirata, bocca a culo di gallina, e tentativi poco efficaci di dissimulare. Mia sorella poi, una volta rimbalzata, aveva assunto la sua tipica faccia da struzzo, pessimo segno per una eventuale recensione positiva. Diciamoci la verità: questa mostra era un disastro. E' stata curata probabilmente da una giraffa intenta a mangiarsi una caccola, costruita graficamente da un quindicenne ormonato e messa sul mercato con lo scopo di truffare più persone possibili! Avrebbe potuto essere una esperienza immersiva solo se fossimo stati tutti sotto acidi! E anche così, non garantisco che quello che avremmo visto sarebbe stato Klimt! Dopo un'ora e mezza lì dentro, ormai annoiate a morte e visibilmente incavolate, abbiamo deciso di aver espiato abbastanza i nostri peccati e ce ne siamo andate. Solo per incontrare l'ultima beffa: il negozio di merchandising a tema Klimt come tappa obbligata pre uscita. Non ho ribaltato tutto solo perché erano prodotti molto costosi. Quella sì, però, che sarebbe stata un'esperienza immersiva! 

Duille

2 commenti:

  1. Oddio ma che cosa era ahahaha XD come al solito sei capace di raccontare con ironia le situazioni più disastrose, mi sono divertita un sacco leggendo questo post, ma al contempo mi è dispiaciuto un sacco per la tua delusione! Una volta tanto che ci si decide ad andare ad una mostra, fosse un'esperienza piacevole e degna di nota, eccheccavolo! Anch'io vado raramente nei musei o alle mostre per le stesse tue ragioni, anzi negli ultimi anni mi è capitato solo mentre ero in viaggio, perché in viaggio la filosofia YOLO la fa da padrone e mi concedo questi lussi. Un paio di anni fa sono stata a Vienna e lì ho potuto ammirare tutte (o credo, o quasi) le opere di Klimt :) piuttosto metti da parte ogni centesimo e vai direttamente lì, da quelle parti sì che l'esperienza vale ogni spicciolo!

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    1. Ciao Julia! Grazie mille per i complimenti e ottimo consiglio, quello del viaggio! In effetti ultimamente non me ne va bene una in quanto a mostre. Anche l'anno scorso è stato un mezzo disastro. Sono andata con mia sorella a vedere la mostra di un gruppo artistico che si chiama Studio Azzurro (e di cui mia sorella ha una specie di venerazione). Beh, siamo uscite da lì con un po' di delusione, perché era stato tutto montato un po' a caso. E comunque si è rivelata un'esperienza nettamente superiore a questa klimtiana! Magari farò davvero un viaggetto a Vienna, così unisco utile a dilettevole e mi becco una bella città ed una bella mostra in un unico pacchetto! ^_^ Mi hanno detto che Vienna è bellissima...

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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