venerdì 11 luglio 2014

Emozioni in apnea: la terapia d'urto dell'ansia sociale

Le emozioni sono una delle spine nel fianco dell'ansia sociale. Le amiamo, le odiamo. Le vorremmo spegnere, ma non possiamo farne a meno. E' la nostra linfa e la nostra maledizione. Perchè, vedete, noi viviamo le emozioni in un modo tutto particolare: fondamentalmente sono incontenibili, incontrollabili, indomabili. 
Nel mio immaginario, sono come quei treni che passano correndo vicino alla banchina della stazione: si annunciano rumorosi, con il loro schiamazzare, ma non sei mai totalmente preparato al loro arrivo. E poi, semplicemente, ti sommergono, mandandoti in apnea. Un corridoio di vento ti travolge, facendo volare i capelli, smuovendo il corpo premuto dalla pressione dell'aria. 
Il suono del treno, il clang-clang delle ruote sui binari, il rumore dell'aria spostata prepotentemente ti rende sorda alla tua stessa voce e ti ruba la parola. Sei pesce. Le parole della tua mente cadono una ad una nel silenzio riempito rabbiosamente da quel suono schiacciante, da quella forza che irrompe noncurante, interrompendo tutto e lasciandoti lì, ad aspettare. Il treno è, e nel suo essere, contagia tutto, che tu lo voglia o no. 
E l'emozione non è forse la stessa cosa? Non è forse una forza che irrompe nella vita, interrompendo tutto, ammutolendo tutto, riempiendo corpo e mente del suo suono, del suo corpo, della sua parola che non è mai davvero parola? Non è forse un'energia che altera gli equilibri, spezza legami e ne crea di nuovi?  Non è una scarica che confonde, annullando i sensi e la voce interiore, e che disorienta, scardinando e facendo impazzire la nostra bussola guida? E come possiamo noi, ansiosi sociali, giunchi costantemente sull'orlo di spezzarci, sopravvivere a questo canto vitale che non conosce tenuità? Ci nascondiamo, aspettando che passi, proteggendoci come meglio possiamo. Ma sopravviviamo sempre. Inspiegabilmente, siamo ancora lì dopo il passaggio del treno. Scompigliati, ma ben piantate a terra. E da qualche parte, dentro di noi, un ricciolo di vento si fa il nido, diventando parte di noi. 
E qui sta la doppia valenza del nostro rapporto con l'emozione. Immaginate cosa significhi essere travolte completamente da un'emozione come l'amore, la gioia, l'allegria, l'affetto. E' una sensazione meravigliosa, magica. Ci illuminiamo da dentro, respiriamo a pieni polmoni quella luce dorata e frizzantina che risveglia ogni cellula, rendendoci brillanti stelline fiammeggianti. Penso che in quei momenti, saremmo addirittura capaci di trasmettere quelle bollicine di gioia, con un solo gesto. Non riusciamo quasi a contenerle, eppure non ne siamo mai sazi, inebriati dalla scarica di vita che ci attraversa, esondando dai nostri occhi, dal nostro sorriso, dalla nostra risata, dalle nostre braccia aperte.


Ma purtroppo, questa apparente assenza di scudi, che ci permette di essere toccati completamente dall'emozione, è anche la principale causa delle nostre ferite. Quando quel vento impetuoso è portatore di un'emozione negativa, che sia paura, tristezza, sconforto o frustrazione, ci invaderà allo stesso modo, con un unico urlo acuto di terrore che ci gela, fa sobbalzare, ci ribalta come colpiti da uno schiaffo, bloccandoci nell'attesa che finisca. Come la sirena che annuncia un bombardamento, questo treno nero ci spaventa terribilmente, e ci rannicchiamo su noi stesse, le braccia che avvolgono le gambe, e la testa nascosta nelle ginocchia, aspettando semplicemente che passi. Dopo un'emozione negativa, di solito ci servono almeno un paio di giorni di assoluta calma: chiudiamo fuori dalla porta il mondo e ci curiamo le ferite. Siamo scottati, abbiamo bruciature emotive sull'ottanta per cento del corpo, anche un alito di vento ci potrebbe far sobbalzare. Quindi la soluzione è bunkerizzarci in casa, stacchiamo telefoni, cellulari, social networks, diciamo bye bye agli amici e lasciamo che il silenzio ricostruisca la nostra pelle ustionata. E solo allora possiamo, con passi incerti, uscire di nuovo nel mondo. 

Il problema, come potete vedere, sta proprio in questa assenza di filtri, in questa congenita perdita di armatura: siamo nudi davanti all'emozione, non abbiamo neanche un piccolo misero scudo di cartone a difenderci dal treno emotivo. Forse prima di nascere abbiamo mancato la grande svendita di protezioni, forse non ci è arrivato l'invito alla annuale distribuzione di armature. Il dato di fatto è che non abbiamo neanche un caschetto da bicicletta, neanche un rattoppato paio di ginocchiere. Niente. Solo la nostra pelle delicata contro i fuochi del drago. E mi sa che fabbricarne una, di armatura, non è semplice come si possa pensare.
Ci abbiamo provato, in passato, ma alla fine sceglievamo sempre il materiale sbagliato, o avevamo incollato male i pezzi, oppure i nostri chiodi erano di cattiva qualità...alla fine quell'esile scudo che ci eravamo faticosamente costruiti a forza di buoni propositi, discorsetti allo specchio e inneggiamenti al "mai più soffrire", quello scudo su cui riponevamo così tante speranze, finisce sempre irrimediabilmente con il venir spazzato alle prime avvisaglie di treno. 
Ed è così che finiamo a fantasticare su quanto sarebbe bello se avessimo un bel bottone rosso piantato nella schiena, da premere all'occorrenza, così da spegnere il nostro recettore emotivo. Allora sì che saremmo invincibili: lo scudo d'acciaio temperato che tanto desideravamo. Passa pure treno. Non ti temo affatto, non potrai farmi male. Sono indistruttibile, stavolta. Ma quel bottone non esiste, e penso che sarebbe anche un po' antiestetico, quindi è un bene che non ci sia. Però resta il problema: come fare a proteggersi dalle emozioni? Beh, da quel poco che ho capito dalle mie frequenti apnee emotive, l'unico modo per difendersi dalle emozioni negative è togliere la testa dalle ginocchia, alzarsi in piedi e, a testa alta, lasciarsi inondare dall'emozione. All'inizio saremo ustionati come non mai, completamente carbonizzati, neri pece peggio che Dick Van Dike dopo una passeggiatina nei camini di Londra. Ma, di fuliggine in fuliggine, noteremo che, ad ogni colpo di treno, una parte sempre più estesa della nostra pelle sarà intatta e riusciremo a prendere una boccata di aria, di tanto in tanto. In sintesi, la parola chiave è 

 ESERCITARSI.

So che è difficile, impossibile talvolta, ma non bisogna per forza iniziare a fronteggiare treni ad alta velocità. Cominciamo con un trenino a vapore, che va piano, ma che comunque spaventa a sufficienza. Facciamoci le ossa su quello, finchè non farà più paura e potremo guardarlo arrivare con il sorriso di sfida sulle labbra e la spada sguainata.
 E, una volta che avremo imparato a conoscere bene le nostre paure, e saranno meno pericolose, scopriremo che l'ansia sociale ci ha fatto un'altro importante regalo: ci ha resi recettivi all'emozione pura. Il nostro scudo è stato forgiato dalla nostra mano, dal nostro sudore, sangue e lacrime, è il frutto di migliaia di scottature, non ci è stato dato. E quindi sappiamo esattamente come abbassarlo quando sentiamo la frizzantezza nell'aria. Siamo nati nudi di fronte alle emozioni, e possiamo tornarvi in qualsiasi momento. Quindi, adesso lavoriamo per costruire uno scudo sufficientemente forte da proteggerci dalle paure che conosciamo, e godiamoci appieno le emozioni che noi sceglieremo di vivere. Ora saremo capaci di farlo.


Duille


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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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